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A volte è meglio tacere e dare l'impressione di essere idioti, invece che parlare e darne la conferma.

giovedì 8 settembre 2011

Open Educational Resources

L’argomento deve interessare molto la blogoclasse, perché tutti hanno scritto molti commenti e piuttosto lunghi, del resto è un argomento che viviamo in prima persona tutti i giorni. Il web rappresenta per lo studente universitario una gigantesca ancora di salvezza, ma contemporaneamente un arido labirinto, se non si sa dove cercare.
Tutte e quattro le storie sono affascinanti e aprono gli occhi sull’importanza per l’apprendimento nel futuro dei professori virtuali. L’unico problema è che un professore reale, capace o meno è comunque una persona fisica lì davanti a te, cui puoi avvicinarti e chiedere: “Scusi può ripetere? Non ho capito.” oppure “Penso di aver capito così. Va bene? ”. E questo non puoi farlo con un video di youtube. Anche se chi spiega è il docente migliore del mondo, sorgerà negli studenti il bisogno di chiarimenti, ulteriori spiegazioni o anche solo curiosità e il monitor non può rispondere. Si può certo ovviare contattando di persona l’insegnante in questione, ma a questo punto sembra che buona parte dei vantaggi dovuti ad avere un insegnate virtuale (per esempio “andare a lezione” la sera dopo cena, dopo aver messo a letto i figli, come Sharon Malaguit) si perdano.
Penso quindi che un professore virtuale può essere un valido appoggio a uno fisico, ma non potrà mai esserne il sostituto. Un esempio di come questo sistema possa dare buoni frutti lo dà Nicholas Presnell: si ricorre al prof virtuale quando quello fisico, per forza di cose più efficiente, secondo me, non risulta chiaro.
Un’altra buona idea sarebbe che tutte le lezioni tenute de ciascun professore fossero registrate e rese disponibili il giorno stesso o dopo pochi giorni sul sito dell’università, in modo che chi ne necessita possa riascoltare la lezione o gli eventuali assenti possano ascoltarla per la prima volta. Per attuare una procedura del genere servirebbero investimenti importanti, ma soprattutto un cambio di mentalità. Ci sono tante cose di quello che è stato che vanno bene così come sono, ma non le nuove tecnologie aprono tante nuove possibilità che non possono essere ignorate solo per attaccamento alla tradizione. L’anno scorso le lezioni del precorso per il test di ammissione potevano essere seguite anche da casa tramite il sito della facoltà; sarebbe un esperienza da ripetere quotidianamente, anche se probabilmente onerosa dal punto di vista finanziario per l’università.

Bound by law

Ho letto il fumetto Bound by law (menomale che c’è la traduzione in italiano!), è stata una lettura inizialmente bizzarra, ma poi coinvolgente, che mi ha dato un’idea di quali problemi va incontro chi prepara un documentario. Mi hanno sempre interessato i fumetti con contenuti “particolari”. Qualche anno fa mi fu consigliato da un mio ex professore, Maus di Art Spiegelman, che racconta l’assurda, tragica lotta dei gatti/nazisti contro i topi/ebrei, ripercorrendo la storia della famiglia dell'autore dagli anni Trenta fino all’Olocausto. Una lettura drammatica che non ha niente a che vedere con questo argomento, ma che mi è tornata in mente ora e magari può interessare a qualcuno.

Ritornando al nostro fumetto, si vede che il “fair use” in realtà è un’utopia, dato che per uso davvero accidentale di musiche, colonne sonore per pochi secondi, sono state richieste decine di migliaia di dollari. Sembra davvero che girare anche una sola scena di un film, sia un campo minato. Penso che non sia possibile girare un singolo spezzone che si voglia far sembrare naturale e quotidiano senza inserire riferimenti di vario tipo, alla musica in primo luogo, che permetta al pubblico di collocare subito i personaggi in un dato ambiente sociale, culturale e in una dato tempo. Se si toglie le colonne sonore dei cellulari, si impedisce ai personaggi di cantare, la conseguenza naturale e necessaria è che avremo un film girato in una landa desolata della Siberia e protagonisti con l’espressività di un robot. Anche a un non addetto ai lavori appare subito chiaro che le attuali leggi sul copyright non sono affatto vantaggiose per chi intenda creare nuove opere.
Quindi a meno che non si rientri nel caso del “fair use”, abbastanza improbabile, si deve negoziare una licenza di durata più o meno lunga; è veramente triste sapere che se non si ha i mezzi per rinnovare le licenza si deve togliere il documentario dalla circolazione.
Il copyright garantisce che l’autore sia pagato per la sua opera e che gliene venga sempre riconosciuta la paternità. Però giustamente il giudice Alex Kozinsky disse che ci deve essere un modus in rebus, che serve cioè un patrimonio di opere di pubblico dominio per alimentare la creazione di nuove opere. La metafora dell’uovo, per indicare che prima c’era solo un “guscio” di materiale protetto da copyright intorno a un “tuorlo” di dominio pubblico e adesso invece questo delicato equilibrio è stato rotto, è molto calzante e addirittura oggi il copyright non serve più all’autore, perché ne limita a monte il potere creativo.
Prossimo problema dopo i diritti d’autore, sono i marchi, i loghi. E questo appare ancora più difficile. Se ci giriamo intorno anche all’interno della nostra stessa casa, ovunque vediamo marchi: seduto davanti al computer vedo il registratore, la sveglia, le scarpe, lo zaino, i CD e DVD sulla scrivania…immaginare di girare una scena e dover togliere tutto ciò farebbe sembrare il tutto ambientato su Marte. Pare il copyright invece che incoraggiare la creatività, la limiti drasticamente, la uccida.

Dopo l'estate...

Come dice Guccini: “Settembre è il mese del ripensamento, sugli anni e sull’età, dopo l’estate porti il dono usato della perplessità. Ti siedi, pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille bruciano nel tuo fuoco le possibilità”. Anch’io sono preso da un generale ripensamento e mi torna in mente uno dei tre passi che ricopiai a mano da Gomorra, di Saviano, quando lo lessi, preso in prestito in biblioteca qualche anno fa, quando con la lettura ero molto più attivo. 
“Mi chiedevo se potesse esistere qualcosa che fosse in grado di dare possibilità di una vita felice, o forse dovevo solo smettere di fare sogni di emancipazione e libertà anarchiche e gettarmi nell’arena, ficcarmi una semiautomatica nelle mutande e iniziare a fare affari, quelli veri. Convincermi di essere parte del tessuto connettivo del mio tempo e giocarmi tutto, comandare ed essere comandato, divenire una belva da profitto, un rapace della finanza, un samurai dei clan; e fare della mia vita un campo di battaglia dove non si può tentare di sopravvivere, ma solo di crepare, dopo aver comandato e combattuto.“
Estrapolando dal contesto, si potrebbe applicare quest’idea un po’ alla situazione generale dell’essere umano, che sembra sempre portato a una scelta: o entrare negli ingranaggi infernali del sistema; oppure tentare in una lotta titanica di emergere, rifiutare le convenzioni e costruirsi un’esistenza propria, dove si vive per quello che si vuole e non per quello che il sistema indica che è giusto fare. Ognuno si trova al bivio: o cambiare il mondo (abbastanza improbabile) o accettare le sue meschine regole e usarle per arrivare a un certo benessere materiale. Se si vuole la scelta è simile a quella di Grigorij Perel'man che non volendo sottoporsi al sistema delle riviste peer-reviewed, ha rifiutato di beneficiare dei riconoscimenti dovuti dal sistema a uno scienziato della sua genialità.

mercoledì 7 settembre 2011

Il medico e lo scienziato non sono poi così diversi

“E allora capii, fui costretto a capire che fare il dottore è soltanto un mestiere, che la scienza non puoi regalarla alla gente, se non vuoi ammalarti dell’identico male, se non vuoi che il sistema ti pigli per fame”
                                                                                                   De Andrè, Un medico

Leggendo la biografia di Grigorij Perel'man, mi sono stupito di come una persona così impegnata nei suoi studi scientifici, abbia decise idee antimaterialistiche. Non ha voluto che la sua scienza fosse al servizio del dio denaro (a questo proposito mi è venuta in mente la citazione da De Andrè). Ha rifiutato premi prestigiosi, per non sottomettersi al monopolio delle riviste: a ripensarci il fatto che per ricevere il Premio Clay, lo scienziato debba aver pubblicato il suo articolo su una rivista peer-reviewed, sembra dire che se vuoi avere i benefici che il sistema ti offre, devi prima venderti e sottometterti in tutto e per tutto. Perel'man ha preferito pubblicare tutti i suoi lavori direttamente su ArXiv, aggiungendo con aria di sfida che “se qualcuno è interessato al mio modo di risolvere il problema, è tutto là [s ArXiv] – che ci vadano e leggano”.
Perel'man sembra un personaggio tutto particolare e quindi potrebbe non destare troppo stupore il fatto che abbia idee così ostili al sistema. Considerando anche la situazione di Paul Ginsparg, si percepisce chiaramente che l’idea di un grande archivio informatico aperto a tutti è molto di più di un capriccio intellettuale, ma un’esigenza che molti scienziati riconoscono per il mondo della scienza e per tutti gli interessati. Paul Ginsparg è stato professore all’Univesità di Harvard e alla Cornell University, ha ricevuto vari premi per i suoi risultati: è quindi pienamente inserito nel mondo accademico.
Spero che questo post non sia troppo caotico e che si riesca a seguire almeno un po' il filo, perchè l'ho scritto come flusso di coscienza...
Finito di scrivere mi è presa voglia di riascoltarmi tutta la canzone di De Andrè, così se anche a qualcun altro ne fosse venuta voglia, ecco qui:
                        http://youtu.be/rFLJBRNN6Xc
Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.

Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore,
perché i ciliegi tornassero in fiore.

E quando dottore lo fui finalmente
non volli tradire il bambino per l'uomo
e vennero in tanti e si chiamavano "gente"
ciliegi malati in ogni stagione.

E i colleghi d'accordo i colleghi contenti
nel leggermi in cuore tanta voglia d'amare
mi spedirono il meglio dei loro clienti
con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale:
ammalato di fame incapace a pagare.

E allora capii fui costretto a capire
che fare il dottore è soltanto un mestiere
che la scienza non puoi regalarla alla gente
se non vuoi ammalarti dell'identico male,
se non vuoi che il sistema ti pigli per fame.

E il sistema sicuro è pigliarti per fame
nei tuoi figli in tua moglie che ormai ti disprezza,
perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l'etichetta diceva: elisir di giovinezza.

E un giudice, un giudice con la faccia da uomo
mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile al mondo ed alle mie dita
bollato per sempre truffatore imbroglione
dottor professor truffatore imbroglione.

Cose che succedono-parte II

Per chi è interessato, il video della prodezza del guascone:

                              http://www.youtube.com/watch?v=hjoIQegykqE


E poi il video dell'impresa di Meucci che conquista una finale sui 5ooo che vale come l'oro:
                           
                              http://www.youtube.com/watch?v=79A_Cz3A3B8

martedì 6 settembre 2011

La scuola del futuro troverà più "riscontro nella realtà nella quale gli studenti si immergeranno"?

Mi stavo chiedendo perché ho scritto vari post sull’Assignment 6: letteratura scientifica 5 e meno sul resto dell’assignment. In realtà penso che la quinta parte sia molto più densa di spunti di riflessione rispetto alle altre. Ho letto con interesse la parte sulle scienze umane a proposito della teoria della relatività ristretta…sembra effettivamente che ci sia una tendenza a “scientificizzare” tutto, togliendo alle scienze umane quegli elementi non misurabili, “sentimentali”, irrazionali che le caratterizzano. Penso che sia purtroppo sicuro che non potranno mai governare i filosofi, come diceva Platone, però la scuola non può essere strutturata solo secondo numeri. Il professore fa notare come la scuola non riesca a insegnare agli studenti a cooperare. Per risolvere un problema del genere non c’è certo da aggiungere una materia al curriculum scolastico: un’idea del genere sarebbe perfettamente in linea con la filosofia del misurare ciò che non si può misurare.  

"...bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà..."

Volevo scriverlo direttamente sul blog di Olivia, ma non ci sono riuscito, quindi lo metto qui. Tutti a vent’anni vorremmo cambiare il mondo. È amaro da dirsi, ma qualche volta è oggettivamente impossibile. Però intanto spero che un semestre alla volta, un esame alla volta tutti ci laureeremo.

9 settembre 2008-6 settembre 2011: dico la mia

Ho letto la lettera al Congresso, ma in traduzione, non sono stato abbastanza kamikaze da leggerla in inglese. Fa riflettere sul fatto che gruppi di addetti ai lavori si siano resi conto che la concentrazione del sapere scientifico in poche elite è un problema grave, sia perché esclude da questa cultura chi non ha i mezzi finanziari per permettersela, quindi è moralmente ingiusto; sia perché alla lunga uccide la ricerca. Le grandi scoperte non sono state fatte da accademici ma da giovani menti brillanti, spesso a corto di mezzi. Una scoperta fa passare in secondo piano quello che c’era prima e cioè svaluta tutto quello che è consolidato e accademico; l’accademico che ha in mano gli strumenti per andare avanti avrà poca propensione a farlo per non distruggere il suo stesso mondo. Speriamo che le menti che promuovono la diffusione di questo sapere scientifico non subiscano l’”effetto White” di cui parlava Lessing, perché sembra che questo colpisca anche i più motivati.

Pensieri sulla conferenza di Lessing a Ginevra

Ripercorrendo la storia del copywriter, si vede come questo benché destinato a proteggere l’opera creativa di un artista serve più che altro a mantenere il monopolio dell’editore. A questa stessa conclusione giunge Lessing e ancora porta l’esempio stridente fra costi per editori non-profit e editori profit (i costi per pagina di un editore profit sono 4,5 volte quelli di un editore non profit ). Procedendo nel ragionamento, è amaro vedere come si stia ripercorrendo la strada inversa a quella percorsa dall’uomo negli ultimi secoli. L’illuminismo si era proposto di liberare tutti dalle tenebre dell’ignoranza e anche se le conseguenze non si sono viste a breve e in questi termini, a distanza di generazioni, penso che Rousseau, Diderot e d’Alembert sarebbero fieri dei risultati ottenuti. Oggi si ripercorre a ritroso quella strada, cercando di limitare la diffusione della cultura a elite, in modo che le masse restino FACILMENTE MANIPOLABILI. Di quanto sia importante l’istruzione per la formazione della coscienza degli individui lo dimostra il fatto che recenti regimi dittatoriali si sono sempre premurati di limitare la diffusione della cultura o peggio di favorire solo quella “amica”.
La grande domanda finale di Lessing è: quale nuova struttura dare al copywriter, dato che la guerra combattuta finora contro i “pirati”, non ha dato i successi sperati? Lessing non dà direttamente la risposta, ma suggerisce i punti salienti della nuova legislazione:
a)      Deve essere semplice, perché possa essere compresa da ragazzi di 15 anni
b)      Deve essere efficiente
c)      Deve essere più mirata, distinguendo fra professionale e amatori, fra copie e remix
d)     Deve essere efficace, cioè gli artisti devono realmente percepire i compensi dovuti
e)      Deve essere realistica: i toni marziali della guerra alla pirateria (cioè contro i giovani della nostra generazione) sono decisamente da allontanare
Lessing fa parte di quel gruppo che è convinto che il web debba offrire risorse gratuite a tutti e mi è tornato in mente quando in primavera all’inizio del corso il professore disse che appunto questo spirito si poteva ritrovare ovunque sul web. Non c’è più bisogno di avere computer super sofisticati, perché si trovano direttamente i programmi in rete: per tenere il diario delle nostre attività abbiamo usato semplicemente un foglio di google docs. E qui ci si ricollega all’inizio della conferenza e alle parole di Gita Gopinath (“Everything I need is on the Internet now”) che dovrebbero essere un punto di partenza per rivedere molto del nostro vivere quotidiano e anche delle linee guida nell’istruzione.

Nuovi incontri

Un po’ alla volta sto facendo conoscenza con parole prima del tutto sconosciute, che ispiravano un rispetto reverenziale. Oggi ho scoperto che il proxy è una specie di centro di smistamento dal quale passano le richieste di accesso alla rete da parte dei computer di un ente e ritornano le informazioni o semplicemente gli accessi consentiti.

lunedì 5 settembre 2011

''Il siepista...

...deve avere una grande capacità di sopportazione della fatica, sono 3 le parole d'ordine di chi vuole emergere in una specialità da duri quale i 3000 metri con siepi: ATTENZIONE, CONCENTRAZIONE, CORAGGIO"

Citazione dalla pagina facebook "Drogati di atletica"...

venerdì 2 settembre 2011

Curiosando nell’Assignment 6

Nel corso della mia caccia al tesoro, ho scoperto PubMed, l’ho aggiunto frai miei bookmarks e penso di utilizzarlo per la preparazione agli esami già da quest’anno, ma di sicuro sarà necessario per la tesi. Ho provato a cercare se alcuni nostri docenti che hanno tenuto i corsi del I anno hanno delle pubblicazioni e ne ho trovate diverse, ma non sono riuscito a scovarne in italiano, come aveva avvertito il Prof. Mi è rimasto però un dubbio, che interesse hanno le riviste a mettere a disposizione i vari articoli gratuitamente (con la formula dell’open access) ? Dal video del professore sembra che spesso questa formula sia un modo per attirare e poi “spennare” i cyber visitatori…